Presentazione del Museo Diocesano della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi al VII Convegno Nazionale AMEI - Napoli 11/14 novembre 2009
L’allestimento come segno identitario nel museo ecclesiastico. Riflessioni ed esperienze
Contributo di Fernando Russo
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Il museo è tradizionalmente un’area espositiva in cui sono esposti reperti storici ed opere d’arte di ogni genere, che il visitatore può ammirare entrandoci.
Accedendo al museo si può, quindi, visitare tutto ciò che vi è fisicamente esposto, nel caso del Museo Diocesano di Molfetta l’esposizione della raccolta di oltre 200 pezzi di beni artistici che vanno dal XIII sec. ai primi del novecento ma, come vedremo in seguito, anche qualcosa di più.
Il progetto del Museo diocesano aveva l’obiettivo di realizzare un museo adeguato alla concezione più attuale della visita, utilizzando però la struttura già esistente.(diap. 1 - 2)
Esso era situato al piano terra del Seminario Diocesano, posto in maniera marginale rispetto al complesso monumentale e con ambienti non funzionali per l’esposizione della raccolta, avendo subito l’edificio negli anni varie trasformazioni sia strutturali che di destinazione – scuola e dormitori. (diap.3 - 9)
E’ stato necessario pertanto progettare e realizzare un restauro di adeguamento funzionale rispetto alle norme vigenti, ma che allo stesso tempo rispondesse alle funzioni proprie del museo, ovvero la conoscenza della storia della cristianità e lo sviluppo della Chiesa nella Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e dell’opportunità di costituire momento di raccoglimento ed approfondimento della stessa Fede.
Ma anche qualcosa di più, si è detto poco fa, ossia l’inserimento di nuove tecnologie connesse ai servizi al pubblico ed alla fruibilità degli spazi museali da parte delle variegate componenti umane che formano l’attuale domanda in campo turistico-culturale.
Il museo della Diocesi di Molfetta-Giovinazzo-Ruvo-Terlizzi inoltre, grazie ad un impianto multimediale appositamente studiato, oltre a svolgere la funzione tipica dei musei, allarga lo spazio di osservazione del visitatore, consentendogli di andare al di là dello spazio fisico della struttura, grazie appunto alla tecnologia multimediale che consente di affiancare allo spazio fisico quello virtuale.
Accedendo al museo si può, quindi, visitare tutto ciò che vi è fisicamente esposto, ad esempio nella cattedrale di Ruvo, Terlizzi, Giovinazzo e Bari, nella cattedrale di Bitetto o Gioia del Colle, nella Cattedrale di Bitonto, nel museo della cattedrale di Bari, in quello di Otranto, di Monopoli, ecc.
A loro volta le opere esposte all’interno del museo possono essere visitate virtualmente tramite Internet, presso un sito appositamente creato sul quale convergono tutte le immagini dei musei presenti nella regione o quelli strettamente collegati con i musei diocesani.

L’obiettivo di un museo Diocesano deve essere cioè ancorato saldamente, nella terra in cui è situato, alla storia del cristianesimo, dai tempi più remoti fino ai nostri giorni, ma deve essere anche quello di svolgere una funzione culturale all’interno della Diocesi.
Le funzioni da attribuire ad esso vanno altresì rapportate al ruolo istituzionale del Museo nella città e nella Diocesi, quindi esse devono tener conto delle diverse esigenze, insomma deve essere un museo flessibile, elastico nelle attività, in modo tale da programmare le attività in rapporto alla effettiva potenzialità gestionale ed economica, prevedendo insieme all’esposizione permanente anche la possibilità di predisporre esposizioni temporanee; predisponendo interventi di inventariazione e catalogazione, attività di conservazione e restauro; facendo attenzione anche ad aspetti quali la comunicazione, la promozione, la didattica e le pubblicazioni, la promozione di conferenze, convegni; non disdegnando la presenza di punti quali book shop e merchandising.
Il progetto si è così articolato su due finalità:
quella dell’accoglienza del visitatore, attraverso strumenti didattici relativi non solo ai beni esposti al suo interno, ma anche ai beni monumentali nell’intera Diocesi, attraverso nuove tecnologie multimediali ed il sistema di visita virtuale, senza tralasciare l’accoglienza dei ricercatori e studiosi nelle materie dei beni storici artistici, la nuova struttura di accoglienza con ingresso, book shop, sala didattica multimediale ed esposizione temporanea, la sala espositiva delle pergamene e dell’archivio storico, ecc.
quella museale, con un percorso di visita legato alla storia attraverso la cronologia, da quella archeologica (i ritrovamenti del Pulo) a quella che va dal XIII sec. fino al XIX sec.; ed un percorso collegato alla storia della Chiesa e della Fede come la rievocazione dell’Annunciazione e del Martirio dai quadri di Giaquinto o della sua scuola, alla statuaria del XVIII sec.; ecc.
Il museo si articola su tre livelli dell’attuale struttura seminariale e nella vasta area esterna, nella quale trovano posto il centro di accoglienza del visitatore e le mostre temporanee, oltre che una postazione multimediale per preparare il visitatore alla visita espositiva. (diap.10- 12)
Il visitatore avrà la possibilità attraverso percorsi tematici di percepire lo scorrere del tempo attraverso le varie epoche, diverse tra loro sia nel costume sia nelle scelte artistiche, attraverso opere di altissima qualità.

Il percorso storico- artistico è dunque articolato nel seguente modo:
Piano Terra
La sezione archeologica proveniente dagli scavi realizzati nel Pulo situata nella sala monumentale, che apre così la visita cronologica; (diap.13)
il lapidarium che consiste nella raccolta dell’arredo marmoreo e in pietra dalla cattedrale di Molfetta, Giovinazzo, ecc.,e che costituisce una delle testimonianze più “vive” della storia della Diocesi: attraverso i frammenti erratici delle Cattedrali e delle chiesette rurali aiuta a ricostruire un tessuto di lapicidi locali che dal medioevo all’età moderna hanno concorso alla decorazione degli edifici religiosi. (diap.14)
la scultura lignea dal XIII sec. al XVIII sec. è esposta in due sale appositamente attrezzate. Contiene in particolare due frammenti degli stalli del coro, provenienti dal presbiterio del Duomo Vecchio di San Corrado di Molfetta; l’altare portatile, proveniente dalla chiesa Cattedrale;la ancona portatile con storie della Vergine e di Cristo, opera di scuola greco-italiana del XVIII secolo. Sono presenti anche reliquiari “a busto” in legno che rappresentano, in modo straordinario l’importanza ed il significato della “reliquia” e della diffusione del culto dei santi; tecnicamente alcune delle opere rappresentano in modo esemplare la tecnica dello sgraffito. La statuaria lignea che, se spesso consiste in opere dal valore prevalentemente devozionale e popolaresco, opera di una fiorente scuola locale, non manca di rappresentare autori di forte carica espressiva, legati alla fiorente bottega dei Brudaglio, famosa famiglia di scultori attivi in Puglia alla fine del XVIII secolo, agli scultori napoletani Giovanni e Francesco Verzella (attivi fra la fine del XVIII e l’inzio del XIX, un’opera del cartapestaio leccese Giuseppe Manzo (1849-1942), autore la cui fama superò i confini nazionali con i riconoscimenti dell’Accademia di Belle Arti di Parigi (diap.15; 17)
Nel lungo corridoio si snoda, entro teche espositive, il percorso liturgico attraverso i paramenti dei vescovi e di oggetti liturgici dal XVI sec. alla fine del XIX secolo, i quali, oltre ad esprimere la mentalità teologica e liturgica promossa prevalentemente dal Concilio di Trento, lasciano ricavare le preferenze e la varietà delle tipologie tessili e decorative: tessuti provenienti dall’area napoletana, sino ai tessuti leuciani ottocenteschi e dei primi decenni del secolo scorso e ai manufatti pregiati; dal punto di vista decorativo la prevalenza dei motivi floreali a cui nel ‘700 e ‘1800 si aggiungono i simboli dell’Eucarestia ( vite e spighe di grano) e nel XX secolo, figurazioni ed immagini. L’ordinamento espositivo scelto per la collezione (costituita da piviali, pianete, tonacelle, stole, veli omerali, mitrie, tovaglie d’altare, ecc.) è quello cronologico, evidenziando comunque le figure dei Vescovi committenti, quali personaggi cardine nella storia della Diocesi (diap.16)

Piano Primo
la sala storica della biblioteca è stata attrezzata con teche per l’esposizione di pergamene e i volumi di pregio storico artistico, manoscritti, il libro rosso, gli “incunamboli”, le “cinquecentine”; (diap.18 -19)
una sala lettura per l’approfondimento sia del visitatore che dello studioso
L’archivio storico Diocesano e la biblioteca, per la loro ricca composizione architettonica, storico-artistica e archivistica, si configurano come una visita di carattere didattico culturale a sé stante, infatti nella sala didattica saranno esposte pergamene, libri, ecc. e la consultazione avverrà anche tramite PC.

Piano Secondo
la pinacoteca suddivisa in sezioni: Medioevo e Quattrocento; Cinquecento e Manierismo; Seicento e Settecento (con Corrado Bernardo Cavallino, Marco Cordisco, Corrado Giaquinto e i giaquinteschi tra i quali Niccolò Porta); una sezione a parte è dedicata alla pittura di ambito meridionale.
L’arte contemporanea chiude il percorso della Pinacoteca con la collezione donata dallo scultore Vito Zaza.
La collezione traccia un significativo spaccato della produzione artistica regionale e dei suoi contatti con la coeva produzione di ambito meridionale ed è organizzata seguendo lo sviluppo cronologico, ma raggruppando le opere per scuole, influenze e provenienza, al fine di ricontestualizzare l’ambito culturale dalle quali provengono. Tra le opere più importanti: la Dormitio Virginis di Marco Cardisco opera di raccordo con la grande stagione giaquintesca,; la Pietà di Bernardo Cavallino che evidenzia l’orientamento della produzione artistico-culturale, a partire dal terzo decennio del Seicento, verso Napoli, ormai capitale del Vicereame spagnolo; il San Nicola Pellegrino , due Madonne, la splendida Madonna con Bambino, arcangelo Raffaele e Tobiolo di Corrado Giaquinto; la Deposizione di Massimo Stanzione; la Fuga in Egitto di Francesco Cozza; nella Sala dei giaquinteschi diverse opere di Niccolò Porta tra cui il Sogno di Giacobbe, il Campo dei guerrieri e la Madonna di Loreto (diap.21 – 25).

Il “Tesoro”, ossia gli oggetti liturgici e i paramenti di grande pregio. Il percorsosi articola dal punto di vista cronologico senza perdere di vista l’unicità della raccolta degli oggetti liturgici all’interno delle chiese della Diocesi. Gli oggetti sono perciò strettamente legati all’edificio, alla liturgia e all’uso ad essi destinato. A parte il caso isolato della cassetta eburnea (sec. XI), straordinario esempio di diretta importazione costantinopolitana, volutamente isolato dagli altri oggetti liturgici la maggior parte della produzione è da ricondurre a manifatture napoletane., a partire dalla metà del XV secolo. (diap.20).

I servizi all’interno della moderna museologia hanno un valore alto e spesso possono essere il valore aggiunto, che può garantire al Museo parte della sua capacità di autosostenersi.
Predisporre luoghi di studio, di dibattito, ma anche di ristoro e di vendita di prodotti specifici pensati per il Museo Diocesano, dà al visitatore la sensazione di un diverso modo di accoglierlo, capace di rispondere a domande diverse, orientate sia in senso culturale (biblioteca/didattica/archivio) che verso la possibilità di trascorrere in modo piacevole e utile il tempo libero. I servizi museali comprendono anche luoghi non destinati al pubblico o ai visitatori (sala lettura, sala archivio e catalogazione, zona destinata alla custodia e conservazione), ma destinati ad un diverso utente come parroci, enti ecclesiastici, ecc.
Gli spazi dedicati ai servizi, predisposti in modo tale da non interferire con la visita museale, sono così articolati:
• piano terra:
- accesso-biglietteria e book-shop;
- zona di sosta nel vasto cortile attrezzato a verde e sedute in pietra.
- sala espositiva da adibire a mostre temporanee o ad attività artistiche del museo stesso, in particolare arte sacra e mostre di sculture.
- sala multimediale
- un vano servizi igienici

• piano primo
- sala storica della biblioteca e archivio
- sala didattica-lettura

• piano secondo
- ona di sosta per il visitatore
- uffici direzionali,
- sala polifunzionale ottocentesca attrezzata per accogliere convegni culturali, congressi, eventi in collaborazione con altre Diocesi o Enti pubblici e privati
- sala multimediale- servizi igienici ubicati nella zona filtro

L’esposizione avviene dunque anche attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie con specifici programmi informatici, CD divulgativo, un sistema multimediale e audio/video, che consentiranno in futuro al visitatore di accedere a campi diversi di approfondimento, muovendosi dalle opere collocate nel museo a quelle presenti nella Diocesi, in altri musei Diocesani e nel contesto storico, sociale culturale, nelle varie epoche e in quello che oggi accomuna le realtà territoriali, con uno sguardo rivolto anche all’evoluzione della cristianità attraverso le nuove rappresentazioni.
Un’altra possibilità offerta dall’impianto multimediale è quella di poter effettuare delle videoconferenze con relatori anche in sedi diverse, trasmettendo sia tutto su internet che ad altre sedi equipaggiate di sistema di videoconferenza.
Il progetto del Cd-Rom multimediale in particolare è impostato sulla metafora della “passeggiata virtuale”, con l’obiettivo di dare all’utente la percezione tridimensionale dei luoghi, fornendogli una serie di punti di osservazione panoramici, sia interni che esterni, dai quali egli può modificare la propria vista e “guardarsi attorno” come in un ambiente reale, o anche cambiare il proprio punto di osservazione; egli può spostarsi liberamente da un punto di osservazione all’altro, seguire un percorso di propria scelta, o decidere di soffermarsi ad esaminare in dettaglio particolari di maggiore interesse. Il Cd-Rom è completato da una parte documentale, perfettamente integrata con la visita virtuale, che può essere esplorata direttamente o come naturale approfondimento della passeggiata virtuale lungo il percorso espositivo. (diap.26)
Il nucleo centrale della visita virtuale è la finestra di navigazione, da cui si accede alle finestre secondarie, nelle quali è possibile visualizzare le immagini di dettaglio ed i particolari su cui il visitatore desidera soffermarsi. (diap.27-28)
La passeggiata virtuale copre l’intero percorso espositivo del Museo, toccando tutte le sezioni in esso comprese: seguendo i riferimenti, il visitatore può muoversi lungo un itinerario che rispetta la composizione e la sequenza del percorso progettato per l’esposizione.
Le sezioni espositive riproducono le aree tematiche in cui è suddiviso il museo e fanno riferimento diretto al percorso espositivo
Le sezioni complementari riguardano aspetti non strettamente espositivi del museo e sono accessibili direttamente dalla home page: fra esse sono state inserite una sezione dedicata alla biblioteca, una sezione dedicata al restauro delle opere, dati e informazioni aggiuntive sul museo (biografie degli autori, storia del museo, informazioni sulla diocesi, ecc.).
Ma ritorniamo un attimo alle due finalità fondamentali su cui è articolato ’intervento, enunciate all’inizio: l’accoglienza del visitatore e la coerenza e logicità del percorso museale.
Affinchè queste due finalità si realizzino al meglio, è necessario anche curare l’allestimento dal punto di vista estetico e tecnico.
Parlando della conservazione dei ruderi, Urbani proponeva la creazione di “involucri” protettivi che costituissero una specie di “restauro preventivo”, ma si poneva il problema delle “cose insensate” che avrebbero potuto fare gli architetti nel costruire questi involucri non solo come espedienti tecnici per conservare il rudere, ma come vere e proprie opere che avessero un loro valore estetico. Ciò che egli temeva era che il messaggio estetico originario risultasse adulterato da successive interferenze estetiche: è il caso, ad esempio, della distruzione della teca che conteneva l’Ara Pacis per far posto ad un’opera architettonica moderna fuori scala e con funzioni sue proprie.
Ricordiamo questa posizione del compianto Urbani perché anche nel museo si realizzano teche e “involucri” che devono contenere opere d’arte, ma devono limitarsi ad offrire un servizio, senza imporsi visivamente sull’oggetto stesso.
Sono state previste pertanto moderne vetrine da museo, fondate su concetti museologici, museografici e di conservazione preventiva, tali da consentire una perfetta organizzazione logica, assieme ad una corretta presentazione e protezione degli oggetti in essa contenuti.
Il loro scopo primario è stato quello di consentire il massimo accesso alle collezioni da parte del pubblico, presentando gli oggetti in modo attraente, ma al contempo in modo tale da ridurre al minimo il rischio di furto, di danni fisici agli oggetti, ovvero il rischio di deterioramento, agendo come tamponi per le fluttuazioni delle condizioni esterne rispetto a quelle interne, in relazione alla temperatura, umidità, vibrazioni, agenti inquinanti, variazioni microclimatiche.
Le vetrine scelte hanno posto in primo piano gli oggetti esposti, così da rendere gli oggetti attraenti e non le vetrine stesse, che devono essere progettate in base ai principi della funzionalità, con forme estremamente semplici e lineari, rifuggendo da qualsiasi ornamento che non sia insito nella qualità dei materiali atti a garantire la massima trasparenza.
Altro fattore fondamentale per la corretta leggibilità delle opere e per l’accoglienza gradevole del visitatore riguarda il rapporto tra il colore e l’illuminazione degli oggetti e dell’ambiente.
Pochi sono in Italia gli impianti di illuminazione progettati e realizzati con la dovuta attenzione alla corretta valorizzazione del bene, che deve essere valorizzato dalla luce artificiale, non trasformato, modificato, cambiato o arricchito di forme che non sono presenti quando è illuminato dalla luce naturale. I beni di pregio artistico devono poter risplendere sotto l’effetto della luce naturale, così come sono stati concepiti dal loro autore originale. E’ necessario pertanto operare su di loro con estrema delicatezza, dolcezza e senso di rispetto, riducendo l’invasività dei corpi illuminanti, evitando di creare con la luce nuove forme, rendendo al meglio i colori naturali del bene e dell’ambiente, per una corretta lettura dei beni stessi e dei loro spazi. E’ necessario soprattutto dosare con attenzione la quantità di luce da utilizzare, perché troppo spesso si esagera, rovesciando sull’opera quintali di lumen che non fanno altro che bruciare l’oggetto stesso. Bisogna al contrario creare una luce quanto più possibile soffusa, non troppo contrastata, lasciando vivere le ombre che comunque si avrebbero in presenza della luce naturale e che garantiscono profondità e rilievo per una corretta visione tridimensionale. Si può e si deve mantenere la riconoscibilità di eventuali elementi centrali sottolineandoli con una illuminazione d’accento, ma, sempre, con la massima discrezione.
Tutto ciò anche allo scopo di creare ambienti e spazi confortevoli dove il piacere di stare insieme delle persone sia favorito da una illuminazione appropriata non troppo presente e nemmeno troppo scarsa. Lo stesso vale per la sonorizzazione: la musica, se presente, deve esserlo ma non deve impedire il parlare a voce normale delle persone.
La luce artificiale deve seguire l’andamento delle ore, dei giorni, dei mesi e delle stagioni e dunque non può essere fissa, ma deve essere flessibile e deve variare come la stessa luce del sole cambia sia in colore che in intensità.
In sostanza la luce deve essere concepita come elemento di sintesi e di unificazione anche del contesto ambientale.
Per finire, altro fattore importante, ma spesso poco considerato, è la qualità della comunicazione, che orienti il visitatore ai servizi offerti e concentri la sua attenzione sui contenuti e le funzioni del museo. Perciò è essenziale una linea grafica coordinata per la segnaletica esterna, la piantina, il documento d’ingresso, i fogli di sala, i pannelli esplicativi, le didascalie, ecc.
I diversi momenti informativi all’interno del Museo sono stati pertanto realizzati attraverso: informazioni fisse, postazioni multimediali, un sito completo in ogni suo punto e costantemente aggiornato.
Le informazioni fisse sono costituite principalmente da pannelli a parete, in cristallo extra chiaro, retro acidato, serigrafati a due colori, uno mutevole a segnalare il variare del piano di appartenenza (titoli), l’altro fisso per il testo descrittivo.
Inoltre si hanno due tipologie di pannelli:
- di percorso, attraverso piante dettagliate ma sintetiche, che illustrano la successione degli argomenti per piano e per sala. In particolare: al Piano terra sono collocati 2 pannelli:- con le piante di percorso dei 3 piani, con la pianta degli argomenti del piano; al primo e secondo piano sono collocati 2 pannelli, uno per ogni piano con la pianta degli argomenti del piano stesso, con i colori che variano in rapporto al diverso piano.
- d’informazione o di sala, che spiegano gli argomenti presentati in ogni sala. In particolare: in ognuna delle sale al piano terra sono stati realizzati pannelli esplicativi con le caratteristiche esposte, mentre al primo piano il pannello è collocato all’ingresso; al secondo piano, come al piano terra, ogni argomento è illustrato da appositi pannelli tematici.

Segnaletica di servizio: accanto a installazioni di sicurezza standard, sono stati studiati pannelli di evacuazione che riprendessero la trasparenza e la delicatezza, ma anche la puntualità informativa dei pannelli già illustrati. La tecnica scelta è quella della stampa digitale su trasparente retroapplicata a lastre di plexi-glass in modo di facilitare anche la manutenzione.

Segnaletica esterna: All’esterno del Museo sono state collocate delle targhe informative sugli ingressi e gli orari, realizzate su lastre di metallo serigrafate a un colore.

Per concludere potremmo dire che si è in sostanza delineata una nuova concezione del museo diocesano, legato al suo territorio ma contestualmente aperto ad altri e più vasti orizzonti.

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